Barbero è una star. Onore a lui, ma…
Alessandro Barbero, il professor Alessandro Barbero, è ormai una star. Divulgatore di storia straordinario, grazie anche al formidabile traino di trasmissioni televisive, è diventato una specie di divo che non solo buca il piccolo schermo, ma soprattutto impazza sul web con i suoi seguitissimi podcast. Questa notorietà lo ha trasformato in una specie di calamita per tanti giovani, attratti dalle sue innegabili capacità affabulatorie.
La riprova la si è avuta lunedì al San Carlo, riempito da 1700 studenti entusiasti della Federico II, accorsi per ascoltarlo mentre magnificava il profilo del “padrone di casa” e il ruolo che ha svolto, non solo per Napoli, ma per tutta l’Europa e per il mondo occidentale moderno.
Il Medioevo è il suo humus, è uno specialista vero di quel periodo, gli storici e la cultura di tutto il vecchio Continente ce lo invidiano.
Avere un trascinatore che inchioda ragazzi parlando di storia e facendo quindi cultura alta è un ulteriore attestato che arricchisce il già consistente serbatoio di meriti che si accompagnano all’operosità scientifica del professor Barbero.
Tutto ciò detto, c’è però un però. Barbero oltre ad avvincere per le sue dissertazioni sul Medioevo e in genere su qualsiasi periodo storico, è anche il capofila di quei cattedratici “con la puzza sotto il naso” che mal sopportano le incursioni dei non addetti ai lavori nel loro sacro recinto accademico. E nella fattispecie è il capofila di quei sostenitori che appunto ex cathedra, continuano imperterriti a sostenere che sulla caduta del Regno delle Due Sicilie e sugli avvenimenti successivi al 1860 non ci sia proprio nulla da sottoporre a revisione storica.
I Borbone, despoti e tiranni, avevano lasciato, secondo Barbero e compagni, un regno retrogrado, con sudditi schiavizzati, lazzaroni e analfabeti.
Io non so quante ricerche dirette abbia condotto Barbero su questo periodo. So soltanto che i vari Aprile, Del Boca. Guerri, Oliva e Di Fiore hanno trascorso ore, giorni, mesi in archivi e biblioteche a spulciare tra i documenti e a capire. E hanno dimostrato incontrovertibilmente che la retorica vulgata risorgimentale, propinataci a senso unico per più di 150 anni, è zeppa di falsi storici e che Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele non hanno affatto “liberato” il sud dalla “tirannia” di Francesco II.
Il Regno di Napoli era invece uno stato libero e indipendente, ricco e ubertoso, lo hanno invaso e colonizzato in dispregio delle norme internazionali, e lo hanno, loro sì, affamato costringendo milioni di meridionali ad emigrare in paesi lontani. Con i Borbone se ne stavano tranquilli a casa loro.
E i milioni di cittadini che non volevano arrendersi li hanno etichettati come briganti, mentre i vecchi militari dell’esercito borbonico, che non vollero transitare nell’esercito savoiardo, furono incatenati e lasciati morire nelle tenebre di quello Spielberg che era la fortezza di Fenestrelle, in Piemonte. Che è anche la regione di Barbero, naturalmente.
Tutti fatti storici acclarati. Ma per Barbero non è vero nulla. E Fenestrelle è una bufala. Giudicate un po’ voi.
Lino Zaccaria
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