LA PIZZA DEGLI ZAR CHE NASCE DAGLI SCARTI, CHEF CIRO PRESENTA LA SUA COSACCA
Il pizzaiolo napoletano con ristorante a Brescia rinnova la tradizione e propone l’antica pizza con il ragù alla napoletana. La storia: fu dedicata agli Zar di Russia, che l’amarono tanto da regalare a Napoli le statue del Giardino di Palazzo Reale. Chef Ciro: “Ricordiamo le tradizioni della terra campana e innoviamo i suoi gusti: il ragù le dona una dimensione straordinaria di piacevolezza”
Lo chef Ciro di Maio propone una versione innovativa della Cosacca, la leggendaria pizza degli zar che era nata come scarto dei pizzaioli napoletani. Ha appena aggiunto al suo menù una versione rivista, con il ragù alla napoletana.
“Far conoscere ricette che rischiano di andar dimenticate, valorizzando i gusti primari della mia terra: è questo l’obiettivo che porto avanti”, spiega lo chef, originario di Napoli, noto nel bresciano per il suo ristorante “San Ciro” e per il proprio impegno sociale, dall’insegnamento dell’arte bianca in carcere alla donazione dell’acqua avanzata sui tavoli del ristorante al canile.
Per chi non la conoscesse, unendo gli elementi della tradizionale Margherita e della Marinara, la Cosacca si differenzia per l’uso di formaggio grattugiato al posto della mozzarella, mantenendo il basilico. Una pizza che affonda le radici nella tradizione napoletana e si distingue per la sua preparazione essenziale, con soli quattro ingredienti: pomodoro, formaggio, basilico e olio. La sua storia inizia due secoli fa, ma la tradizione si era quasi persa fino al 2016, quando venne citata in un episodio del programma “4 Ristoranti” di Alessandro Borghese.
La sua origine è affascinante, e come spesso accade per i piatti migliori, è figlia della povertà. La pizza, infatti, risale al XIX secolo e si dice sia stata inventata dai pizzaioli napoletani come piatto “di recupero”, creato con gli ingredienti rimasti a fine turno, quando mozzarella e sardine erano già esaurite. Il pomodoro di Corbara, il pecorino di Bagnoli, l’olio extravergine campano: sono gli ingredienti della tradizione, che nei decenni si sono sempre più raffinati, quelli che ci si poteva permettere a fine giornata.
Il suo nome, Cosacca, trae ispirazione invece dalla visita dello Zar Nicola I in Sicilia e Napoli, dove, nel 1844, la coppia imperiale fu accolta dal re Ferdinando II di Borbone per via di una malattia della moglie dello Zar. Secondo la tradizione, per il banchetto di congedo in onore degli ospiti russi, i pizzaioli del regno dovevano creare una pizza completamente nuova. Estrassero dal cilindro la “pizza dei pizzaioli”, la Cosacca. Piacque talmente agli zar che, al ritorno in Russia, Nicola I e sua moglie Aleksandra ricompenseranno Napoli con i Palafrenieri, le due statue in bronzo che costituiscono l’ingresso del giardino del Palazzo Reale.
“Nonostante la sua semplicità, la Cosacca è una pizza che richiede abilità nella preparazione”, spiega chef Ciro di Maio. “Il formaggio grattugiato deve essere dosato con precisione, per evitare che il sapore diventi troppo forte o troppo debole. Inoltre, la cottura deve essere perfetta: troppo calda rischia di rovinare l’aspetto, troppo bassa non sprigiona tutti i sapori. Il risultato finale è una pizza che esplode in tre diversi profumi: quello del formaggio, del basilico e dell’olio, e infine quello del pane croccante del cornicione. In questo tripudio abbiamo deciso di aggiungere un tocco in più, il ragù napoletano, che noi prepariamo secondo una ricetta famigliare che mi ha tramandato mia mamma. Il tempo di cottura? Minimo dodici ore. I gusti semplici hanno bisogno di tempo. E la storia della Cosacca lo conferma”.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO
SCHEDA SAN CIRO Ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp. Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente. Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio e del Germani Brescia, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche. Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventar pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.
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