Una proposta: il Mann a Palazzo Fuga

C’è molta attesa a Napoli, e in Campania in generale, per l’imminente bando internazionale in base al quale saranno designati i nuovi manager del Museo Archeologico, di Palazzo Reale e del complesso museale del Vomero (Floridiana, San Martino e Castel Sant’Elmo).
In attesa che il ministro Giuli (in verità piuttosto attendista, rispetto al dinamismo decisionale del predecessore) decida, Napoli fa registrare primati invidiabili e sempre più significativi di presenze e di visitatori e suscita, non solo interesse, ma anche stimoli per nuove iniziative, che provengono in parte dai vertici del Ministero della Cultura, ma anche dal Comune, nella persona del sindaco Gaetano Manfredi.
Sulla scia di quanto è già avvenuto in altre grandi città come New York, Bruxelles, Vienna, Lipsia e Strasburgo, infatti, il sindaco, recentemente, ha annunciato l’ambizioso progetto della istituzione di un Museo della storia della città. Oggettivamente Napoli con il suo passato millenario possiede tutti i requisiti perché possa ospitare un museo che rinverdisca la memoria della sua storia e che certamente farà da ulteriore accattivante attrazione per i milioni di visitatori che, come hanno fatto negli ultimi anni, continueranno ad invadere la città.
In fase di presentazione del progetto, a novembre dell’anno scorso, Manfredi è stato chiaro: “Le sollecitazioni di Andrea Carandini sul Corriere della Sera e di Giuliano Volpe sull’Huffington Post rilanciano in maniera pertinente e fondata un tema di notevole importanza per l’Amministrazione che guido da tre anni. I 2500 anni dalla fondazione dell’antica Neapolis portano, infatti, di nuovo al centro del confronto nazionale la storia della città, le sue origini nonché le sue prospettive future di capitale europea. Napoli è dotata di un patrimonio culturale ricchissimo e vede, tutt’oggi, un incrocio continuo tra passato e presente. Le tracce ancora visibili delle stratificazioni passate incontrano infatti nuovi laboratori creativi, saperi e conoscenze, in un equilibrio difficile fra tutela – che non sia mera conservazione dell’esistente – e ampliamento dell’offerta culturale in termini di spazi e storie da raccontare. Mi piace molto, infatti l’idea di un museo che non sia una semplice esposizione di oggettistica ed elementi di pregio, ma un contenitore di strumenti innovativi e idee aperte, fruibili e accessibili alla comunità. Il significato di un museo della città è nella partecipazione delle persone, nella creazione di una progettualità condivisa. Soprattutto per le nuove generazioni che devono ‘vivere’ un museo più che percorrerlo. Non posso che ribadire la volontà di immaginare un museo della città in uno spazio iconico, Castel Nuovo, già sede di un museo civico. La vocazione del Maschio Angioino, infatti, è già ben inserita in un discorso di recupero e valorizzazione dell’eredità comune. Tale spazio è il luogo ideale per accogliere e illustrare la storia della città, non un’entità statica, ma – come dice giustamente Carandini – ‘un fiume carsico e labirintico da decriptare’. L’occasione del compleanno della città può rappresentare un volano per accelerare in tal senso. Palazzo Fuga, invece, è già al centro di un importante processo di riqualificazione, un ambizioso progetto di trasformazione di un’area molto vasta in un polo culturale multifunzionale. Avrà quindi una vocazione multipla tra la biblioteca, gli spazi formativi e la funzione sociale. È proprio l’ampiezza degli spazi che permette di ragionare sull’attribuzione di funzioni diverse all’interno della stessa struttura e, non meno importante, sulla rigenerazione del quartiere così attesa per decenni. Napoli è pronta ad ospitare un museo della città. L’avvio, a livello nazionale e in modo così qualificato, di un dibattito costruttivo ci aiuterà ad elaborare un progetto valido e condiviso”.
Un discorso a parte merita comunque la scelta della location. Diversamente da quanti, a partire da Carandini e Volpe, individuano nell’Albergo dei Poveri (Palazzo Fuga) la collocazione ideale, Manfredi ha già messo le mani avanti. Si farà all’interno del Maschio Angioino. Lui sostiene che non c’è niente di meglio, il Maschio sarebbe la naturale destinazione, anche sotto il profilo storico.
Opinabile, a nostro avviso. A prescindere dagli spazi, e non sappiamo quanto il castello sia effettivamente capiente, Manfredi ci consentirà di esprimere qualche dubbio e di avanzare, per quel che può valere, una proposta “rivoluzionaria”. Oggi il maestoso Museo archeologico, lì creato a voluto da Carlo III di Borbone e portato a compimento dal figlio, Ferdinando I, soffre per questioni di spazio. Troppo angusto con i suoi 12.650 metri quadrati. C’è praticamente un altro museo, che non vedrà mai la luce, seppellito con il suo inestimabile patrimonio di statue, di arazzi, di quadri e di tanti altri tesori, nei sotterranei. Per non parlare dei problemi che crea, nei giorni di maggior affollamento, non potendo disporre di un vero parcheggio antistante
Perché non ipotizzare, pertanto, un trasferimento del Museo Archeologico proprio a Palazzo Fuga? Lì i tesori dimenticati rivedrebbero la luce e non vi sarebbero più problemi, visto che le aree coperte del monumentale edificio, anch’esso voluto da Carlo III e ultimato dal figlio, si snodano su ben 103mila metri quadrati, (quasi dieci volte l’area del Museo Archeologico), su sette piani e 440 tra sale e gallerie. L’optimum per distribuire tutti i preziosi reperti oggi in grande sofferenza. Lì c’è all’interno un mega-parcheggio e oltretutto si eviterebbe di frammentare l’unicità e l’identità del palazzo, facendovi ospitare, com’è attualmente preventivato, corsi di Alta formazione delle Federico II, il recupero, su circa diecimila metri quadrati delle opere del Museo archeologico, (quindi creare l’assurdo di un Museo archeologico bis separato dalla casa madre) e un trasferimento parziale della Biblioteca nazionale, fortemente osteggiato dai dipendenti. Con l’aggiunta di un bookshop e di una caffetteria. Un pateracchio, altro che “polo culturale multifunzionale”. Tra l’altro Palazzo Fuga, in ristrutturazione, sarà pronto entro il 2026, grazie ai soldi, 225 milioni, recuperati dal Pnrr con la determinazione dell’ex ministro Sangiuliano. Quindi non bisognerebbe nemmeno attendere molto.
Ma, ammesso che fosse accolta questa nostra umile proposta, dove andrebbe poi a finire il Museo della storia? Facile, facilissimo. Una proposta nella proposta: proprio nei locali eventualmente liberati dell’attuale Museo Archeologico. Una destinazione perfetta, perché non farci un pensierino?
E comunque, indipendentemente dalla destinazione ci si attende che ora Manfredi passi ai fatti. Con l’aiuto delle tecnologie, degli audiovisivi, della consulenza di illustri storici questo nuovo Museo sarà non solo il testimone della storia millenaria ella città, ma anche un formidabile attrattore di visitatori, che potranno così rivivere il percorso dalla leggendaria Partenope e da Neapolis fino ai giorni nostri. Con un auspicio: che almeno coloro che saranno chiamati a tracciare le linee di questa fantastica storia, arrivati al periodo che va dal 1734 al 1870 si ricordino di rievocare fatti e vicende non come ce le hanno propinate in questi 160 anni, ma per come sono veramente accaduti, facendo giustizia di tutte quelle vergognose fandonie, smontate dagli studi recenti di scrittori, illustri storici, giornalisti e tuttora alimentate ex cathedra, al contrario, da immarcescibili tromboni, che continuano a mentire. Sapendo di mentire.

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