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Le start-up parlano napoletano
L’arte di arrangiarsi, di creare un lavoro e la fantasia sono da sempre una prerogativa napoletana. In particolare delle donne. Lo certifica anche l’analisi sulle start-up innovative del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere. A livello regionale, la metà di queste imprese si trova in Lombardia (568 quelle giovanili equivalenti al 27,7% del totale nazionale e 382 quelle femminili pari al 23,2%), Campania (242 quelle giovanili pari all’11,8% del totale Italia e 232 quelle femminili pari al 14,1%) e Lazio (231 quelle giovanili pari all’11,3% e 224 quelle femminili pari all’13,6%). Non sorprende trovare Napoli anche nelle prime tre posizioni della classifica provinciale (139 quelle giovanili il 6,8% e 121 quelle femminili 7,3%). Nel complesso, comunque, le start- up innovative presentano un’incidenza dei giovani quasi doppia rispetto a quella del totale delle imprese italiane (16,9% contro l’8,4%) e una quota di imprese femminili pari a circa la metà di quella del complesso delle aziende del Paese (13,6% contro 22,7%). Se guardiamo alla quota delle imprese a guida femminile, nel Mezzogiorno, infatti, pesano di più (15,8%).
«La crescita e il rafforzamento di queste imprese sono essenziali per far sì che l’economia e l’innovazione italiana tenga il passo con l’Europa e con il resto del mondo – spiega il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli -. Le 12mila start-up esistenti al momento pongono l’Italia al quarto posto in Europa, ci sono dunque ancora ampi spazi di miglioramento. A partire dalla partecipazione delle donne che appare ancora poco rilevante e va quindi ulteriormente incoraggiata. Tra tutte le start-up esistenti, solo il 6,6% ha fatto scale up, cioè ha superato il milione di euro di fatturato o di capitale sociale tra il 2019 e il 2023. La percentuale è un po’ più alta (12,6%) tra le start-up con brevetto in tecnologie strategiche. Le nuove leggi sulle start-up innovative potranno favorire questo processo concentrando, per esempio, le agevolazioni sulle imprese col maggior potenziale di crescita e innovazione e incentivando gli investimenti in ricerca e sviluppo».
Napoli e il Sud allungano il passo anche sulla crescita. Le start-up innovative under 35 sono cresciute del 66,5% tra il 2016 e il 2024, ma al Meridione hanno allungato maggiormente il passo (+69,1%). A livello regionale maggiori accelerazioni si riscontrano in Valle d’Aosta che registra comunque pochissime realtà produttive (+200%), Campania (+184,7%) e Lombardia (+124,5%). Ed è ancora il Mezzogiorno ad avanzare più speditamente anche sul fronte delle start-up innovative femminili con incrementi del 175,5%, a fronte del +106,3% del Centro e del + 99,7% del Nord frenato ancora una volta dal passo del Nord est (+59,5%). Boom di crescita si registrano a livello regionale in Molise (+533,3%), Campania (+337,7%) e Puglia (+203,7%). Mentre sul piano provinciale, spiccano Avellino (da 2 a 22, +1000,0%), Brindisi (+900,0%) e Como (+700,0%).
Napoli si distingue anche per l’attenzione che rivolge alle aspiranti imprenditrici. Si tratta di un programma totalmente gratuito, senza limiti di età, giunto in Italia grazie alla partnership tra la missione diplomatica degli Stati Uniti e l’Università degli Studi di Napoli Federico II, con il supporto dell’associazione Gamma Donna per l’imprenditoria femminile innovativa. Si chiama Awe-Academy for women entrepreneurs, e ha sede al Campus di San Giovanni a Teduccio. L’iniziativa, nata negli Usa per volontà del Dipartimento di Stato Americano, ha lo scopo di sostenere le donne nella realizzazione e nella crescita di realtà imprenditoriali attraverso formazione, tutoraggio, partnership commerciali e opportunità di collaborazione con imprese italiane e statunitensi, nonché l’accesso al network degli Alumni e a una vasta gamma di risorse per l’empowerment economico. L’edizione italiana dà la possibilità a 30 donne di entrare a far parte del programma internazionale.
Mentre proprio nello scenario del Campus alla periferia di Napoli si inserisce Terra Next, che giunto alla terza edizione, è diventato il punto di riferimento per le start-up che operano nel settore della bioeconomia, ricevendo più di 450 richieste di candidatura dall’Italia e dall’Europa. Nei primi tre anni di attività ha accompagnato nella crescita 22 start-up che hanno ricevuto investimenti dal programma per 3,5 milioni di euro e raccolto 10,5 milioni di euro tra follow-on e investitori esterni. Presso il Campus di San Giovanni a Teduccio hanno avuto l’opportunità di crescere attraverso mentorship, formazione, networking e momenti di approfondimento frontale dedicati al consolidamento della value proposition e del modello di business, alla validazione tecnica e alla prototipazione delle soluzioni, al supporto al go-to-market e al fundraising. In particolare, queste imprese innovative hanno sviluppato soluzioni per risolvere problemi di tracciabilità di filiera, per produrre imballaggi biodegradabili a partire da sottoprodotti agricoli, ma anche per la rimozione di contaminanti tossici dalle acque industriali, o ancora, per monitorare in tempo reale lo stato di salute delle piante. (M.C.)
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