GAZA
Chiamo crimine di guerra ogni grido di disperazione che non ha più voce.
Chiamo crimine di guerra lo strazio dei bambini che urlano senza essere ascoltati.
Chiamo crimine di guerra ogni ferita mai risanata.
Chiamo crimine di guerra la sciagurataggine dei potenti.
Chiamo crimine di guerra l’odio e la violenza che hanno superato ogni limite.
Chiamo crimine di guerra le città distrutte e l’umanità falciata.
Chiamo crimine di guerra ogni passo umano che conduce alla disfatta umana.
Gaza.
Ciò che si vede della città è terribile. Tuoni, lampi, cielo che si illumina, rumori di guerra assordanti e mostruosi. Mi incutono angoscia; la mia anima trema. Siamo uomini senza più niente di umano. Nella nostra impetuosa sete di potere, fame di distruzione, procediamo a grandi passi e la luce della speranza si allontana fino ad estinguersi portando con sé la terribile realtà di un popolo che da anni e anni vive tra truppe e insediamenti a causa del suo essere fulcro del Mediterraneo, tra Egitto e Israele.
A nulla serve la storia se non semina la memoria e attraverso essa rimedia agli orrori. Imperterriti si continua a guardare inerti al conflitto esasperato israelo-palestinese.
Le condizioni di vita a Gaza sono estremamente difficili: nessun bene di prima necessità, nessuna libertà per il popolo, solo perdite umane, distruzione.
Perché? Si impone nella mia mente il bisogno di dire basta. Siamo di fronte ad un eccidio. Le ragioni di una tale strage sono complesse e capirne le motivazioni è problema profondo. Ma la soluzione al conflitto richiede la necessità di considerare i diritti ma anche le esasperazioni, richiede dialogo e diplomazia ma anche comprensione.
Serve un grido comune e collettivo contro l’odio che, spietatamente, si moltiplica. Immagino gli occhi degli anziani: possono ancora guardare il volto e l’anima dei bambini? Pur nella loro innocenza gli abbiamo strappato la possibilità di sognare.
E noi? Occidente, Europa, Italia?
Bisogna forse innalzare una preghiera che riunisca tutti, credenti e non credenti, per pensare, capire, agire e costruire la pace, una pace che da laggiù possa diffondersi in tutte le parti del mondo che pace non hanno. L’auspicio è far sì che la terra di Gaza diventi il luogo concreto di quella promessa di incontro tra popoli e fratelli del mondo.
FRATELLO MIO…
Il sangue che corre
lungo le vene della gente,
di tanta povera gente
è simile al tuo…
amalo!
Ama il tuo simile,
educalo alla vita.
Tu che sai, chiamalo…
sangue mio,
fratello mio.
Francesco Terrone
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