Il sangue dei nostri ragazzi

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Il sole danza tra i vicoli e le increspature del mare: blu, celeste, venature bianche si alternano ammaliando. Il Vesuvio, maestoso, vigila. Napoli è un abbraccio caldo, un’emozione che ti resta nel cuore, un’energia contagiosa che ti fa sentire parte di qualcosa di speciale.
Napoli è un sogno ad occhi aperti, un luogo dove l’anima trova la sua casa. Un luogo dove la bellezza e il dolore, la gioia e la sofferenza convivono in un delicato equilibrio precario. È nel frastuono che culla, è nelle voci che si diffondono, è nei colori del mare che si squarcia atroce il grido della morte. Sì, perché Napoli è anche questo. Morti ammazzati, sangue rosso di giovani vittime sparso sulle strade, vite sterminate di ragazzi che si illudevano di vivere domani, e domani e poi domani ancora. Napoli, madre generosa e crudele, nutre i suoi figli con amore e li mette alla prova giocando con la loro vita. Le tragedie recenti costringono a una riflessione accurata. La violenza spiccia oramai a Napoli è appannaggio di ragazzini sempre più giovani e rappresenta un fenomeno complesso e preoccupante.

La bellezza e la vivacità della città vengono inghiottite dal buco nero di una brutalità che pare ogni giorno più furiosa.
Gruppi di giovanissimi, spesso minorenni, coinvolti in attività criminali come lo spaccio di droga, le rapine, le risse e, come negli ultimi giorni, anche omicidi. Note sono le cause: disagio ed esclusione sociale, l’influenza criminale, il vuoto valoriale. Ed è proprio su questo aspetto che si porge la mia riflessione. L’assenza di valori positivi e di modelli di riferimento porta i giovani a cercare un senso di appartenenza e identità al di fuori del contesto cosiddetto “normale”. Pare addirittura che la “norma” stia modificando le sue peculiarità: per adeguarsi al vivere civile – o quantomeno comune – questi ragazzi non trovano di meglio che girare armati, di pistola, coltello, tirapugni, a conferma che il confronto con l’altro debba necessariamente passare attraverso la violenza. Le norme vengono sempre definite dal contesto pertanto è necessario porsi domande sugli ambienti nei quali proliferano tali atteggiamenti.
Sono dell’opinione che alcune serie televisive, note sicuramente al pubblico, o racconti letterari fatti da chi si crede il non plus ultra degli scrittori, esercitino un’influenza significativa sui giovani, soprattutto in contesti sociali complessi. Tali opere, amplificando il loro impatto anche attraverso social network e i media, hanno il potere, non solo di essere accessibili al grande pubblico, ma anche di creare un certo fascino su alcuni tipi di giovani. È palese che i protagonisti di alcune di queste storie siano diventati diventano veri e propri modelli di riferimento e addirittura sono giunti a offrire ai giovani un senso di appartenenza e di identità ovviamente molto più immediato e semplice da ottenere: la fatica del vivere, del misurarsi “ad armi pari” viene così a cadere, la dialettica del confronto non ha più ragion d’essere. La legge del più forte (anche se va di pari passo con quella del più stupido) imperversa senza tema di essere arginata.
Dobbiamo insegnare ai nostri giovani lo spirito critico, promuovere alternative positive, attuare collaborazioni tra famiglie, scuole ed istituzioni e, soprattutto, utilizzare un linguaggio che eviti di enfatizzare aspetti violenti e sensazionalistici che generano – negli animi più deboli o insani – spirito di emulazione.

Le recenti affermazioni del ministro Piantedosi fanno ben sperare in una attenzione precisa da parte dello Stato che limiti questa terribile escalation di violenza e morti e giovani che trascorreranno in carcere i loro anni migliori.
Napoli è una cartolina, libera e bella, capace di ammaliare ed è questo fascino che ci deve interessare non le brutture, non le immagini che ci rimandano una Napoli sfregiata. Nei nostri occhi, e soprattutto in quelli dei giovani, deve esserci la Bellezza. Ad essa deve mirare lo sguardo, lungo e prospettico, a quella Bellezza che tante anime ha salvato.

SORELLA MORTE
La morte è come
l’allontanarsi delle ultime rondini
dai tiepidi raggi di sole
di fine estate…

La morte,
sorella di un mondo
senza sogni,
sorella di un mondo inutile
di ricordi
che si perdono nelle strade
di uno spazio privo di tempo.

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Francesco Terrone, nato a Mercato San Severino (SA); si è laureato in ingegneria meccanica presso l’Università Federico II di Napoli; gli sono state conferite diverse lauree honoris causa sia per quanto riguarda l’aspetto poetico/letterario sia relative al campo lavorativo. Fondatore della società Sidelmed Spa; fondatore e Presidente della Fondazione Francesco Terrone di Ripacandida e Ginestra, è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Rif. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Anno 162°-Numero 94 del 20 Aprile 2021). È socio onorario della Pontificia Academia Mariana Internationalis (PAMI-via Merulana, Roma), ed è membro della Commissione Mariologica Musulmana Internazionale (CMMI) dedicata allo sviluppo del dialogo mariano musulmano-cristiano. Il consiglio Direttivo dell’Associazione della Stampa Estera in Italia l’ha ammesso alla stessa quale socio accreditato per attività giornalistiche; è socio di The Italian Insider, giornale italo-inglese con sede a Roma, con cui collabora come editorialista. Scrive articoli anche per Assadakah, Associazione Italo-Araba con sede a Roma, fondata dal giornalista internazionale Talal Khrais. È editorialista del giornale “Roma” con sede a Napoli, fondato nel 1862. È opinionista presso la trasmissione in onda su Telelombardia “Detto da voi” condotta da Caterina Collovati. Si dedica al dialogo interreligioso e interculturale in Italia e all’estero, in particolare nell’area mediterranea. Trascorre la sua vita dedicandosi al lavoro, ma da più di 30 anni si interessa con passione all’attività poetica dichiarando che: “La poesia non è un hobby, ma la mia ragione di vita. È un magma che sento ribollire in fondo all’anima senza il quale non saprei vivere. Con le parole cerco di arrivare laddove non riesco con i numeri”. È autore di numerosissime poesie e sono più di 100 le raccolte poetiche pubblicate di grande valore, alcune delle quali sono diventate rappresentazioni sacre e sono state incise su CD. Le sue liriche sono state tradotte in 20 lingue. Questo ha permesso che il suo nome potesse varcare i confini nazionali. Si è imposto, infatti, non solo alla critica nazionale ma anche a quella mondiale ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, tra cui la Columbia University di New York, essendo, le sue opere poetiche, di spiccata sensibilità e capaci di sfiorare le corde più profonde dell’animo umano emozionando attraverso temi che toccano l’amore, la società, la religione. In tale ambito ha scritto, infatti, le sue Meditazioni alla Via Crucis, a Le sette parole di Maria, a I sette doni dello Spirito Santo, le Meditazione a Le ultime sette parole di Gesù sulla Croce; è in progetto la stesura delle Meditazione a la Via Lucis e una raccolta poetica dedicata a Maria. Partecipa a trasmissioni televisive e radiofoniche, a seminari universitari e workshop; articoli che lo riguardano compaiono su riviste nazionali e internazionali. Attraverso la poesia Francesco Terrone riesce a diffondere la cultura italiana creando ponti in tutto il mondo.

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