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La paura del ciclone De Crescenzo
Sanremo, 13 febbraio. Il festival incolla milioni di italiani davanti alla tv. Nella “città dei fiori” approda Rita De Crescenzo, la tiktoker napoletana più famosa d’Italia (e non solo). Davanti all’ingresso del teatro Ariston uno stuolo di giornalisti e di fotografi la insegue, i microfoni spuntano da ogni parte, e si aggiungono i fotografi con i loro richiami e i loro flash. Una star. Accenna qualche battuta, alternando al dialetto un italiano improbabile, poi è letteralmente assalita dai fan, che le chiedono foto e selfie.
Solo i Duran Duran e, forse, Benigni, la superano quanto ad attenzioni dei media. Ai cantanti che pure circolano per le strade della cittadina ligure durante i rari momenti di pausa, Rita dedica una stilettata: “Ma perché vi nascondete dietro sciarpe e cappelli? Fate come me, sempre disponibile a foto e selfie con i miei fans”. Lei certo è disponibile, non lo sono i responsabili del locale Casinò che le impediscono di entrare. Precauzioni o razzismo, difficile dare una risposta.
Ma chi è realmente Rita De Crescenzo, questa influencer in salsa napoletana, resa improvvisamente famosa dall’invasione e dalla devastazione di Roccaraso?
Prima di acquisire notorietà attraverso il web, Rita, reduce da una infanzia e da una gioventù difficili, era nota nell’ambiente neomelodico come cantante (“Ma te vulisse fa na gara e ballo?” e “Ma chi site”). Ebbe un contrattempo con la giustizia, arrestata per spaccio di droga, nel 2017. Ma fu presto scarcerata. E intanto, sempre nel microcosmo (si fa per dire) ruotante intorno ai neomelodici continuava ad affermarsi, le sue canzoni su Youtube superarono 7 milioni di visualizzazioni. Un successo enorme che le consentì di moltiplicare vertiginosamente il numero dei followers, il passaggio alle piattaforme di Tik Tok e Instagram divennero i suoi palcoscenici naturali e la catapultarono nel mondo delle serate private, dei compleanni, dei battesimi, delle prime comunioni e dei matrimoni, tanto per intenderci.
Ma il “salto di qualità” è più recente. È un suo video, che la immortala impegnata in una furiosa litigata con una anonima signora, che la lancia definitivamente nell’arena di Internet e che la fa conoscere anche fuori dell’ambito napoletano.
Al punto da stuzzicare l’interesse di “Le Iene”, che le dedicano un lungo servizio con intervista. È il 2022, Rita diventa un fenomeno di massa, un prodotto della società social, con un seguito inarrestabile.
E come i divi veri eccola seguita da un agente, da una segretaria e persino da una guardia del corpo. Oltre al marito, che è un po’ come la sua ombra, la tallona dappresso, l’accontenta, le regala in un sol colpo cinque profumi di gran marca.
La tiktoker venuta dal nulla entra in un giro milionario, dicono che chieda (e ottenga) dai tremilacinquecento ai cinquemila euro a serata, persino a ora. A seconda del tipo di evento e del numero di partecipanti. E di sicuro se la contendono, anche se ora è costretta a dichiarare tutto, come ammette, visto che non sono mancati sospetti e commenti su presunti incassi al nero.
Ma il suo voli d’ali, l’evento che la lancia definitivamente nell’empireo dei social è l’invasione di Roccaraso. Com’è andata è noto. Le è bastato andare in avanscoperta nella capitale del turismo invernale centro-meridionale, di esaltarne le bellezze e di invitare i suoi followers a seguirla per mobilitare duecentoventi pullman e quasi ventimila turisti della domenica. Roccaraso, che è una piccola località montana di soli 1491 abitanti, paralizzata, e soprattutto lasciata dai gitanti in uno stato pietoso, tra rifiuti e immondizia disseminati nei prati, peraltro scarsamente innevati. E con pesanti effetti collaterali, stando almeno a quanto denunciano gli stessi roccolani (un pasticcere picchiato, qualche banconota falsa, angoli di strada e giardini trasformati in orinatoi). Un colpo quasi mortale, con il sindaco che invoca l’esercito e con i numeri impietosi che ora parlano di una drastica riduzione delle prenotazioni (per Federalberghi meno 60 per cento, prima dell’ultima nevicata di metà febbraio). Insomma un danno di immagine incalcolabile.
Il fenomeno De Crescenzo intanto tracima, le televisioni e le testate nazionali se la contendono, fioccano commenti e riflessioni. Sul “Mattino” Bernardino Tuccillo apostrofa: “Fermiamo gli influencer che offendono la nostra città”. E si chiede: “È corretto derubricare il fenomeno a puro trash? O si tratta di qualcosa di più perversamente performante?”.
I siparietti della De Crescenzo saranno pure trash perversi, ma il risvolto più inquietante di tutta la vicenda è che oggi, dopo Roccaraso e Sanremo, Rita ha superato i due milioni di followers. Chiara Ferragni comincia a tremare.
L’esplosione della De Crescenzo-story, ripropone più che un problema ambientale e di overtourism, una riflessione antica, che va ben oltre lo stesso ciclone-De Crescenzo, sul ruolo dei social come plagiatori e un interrogativo su quanto appunto la comunicazione possa essere dannosa al tempo dei social. L’abbiamo definita antica perché da anni i commentatori più avvertiti ne discutono e si confrontano.
Umberto Eco, durante la cerimonia di consegna della laurea honoris causa, nel 2015, all’università di Torino, commentò: “La televisione aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. E concluse, suscitando poi non poche reazioni e qualche polemica: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
Parole durissime da parte di quello che all’epoca era il maître à penser più stimato d’Italia. Lui e gli altri saggi sin da allora ci invitavano a riflettere, considerando che questi fenomeni di obnubilamento collettivo sono seguiti e soprattutto acclamati da milioni di persone. Ed è proprio “l’orgoglio del degrado”, come lo definisce Maurizio De Giovanni, che incute i maggiori timori per il futuro.
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