Le attese al Pronto soccorso: sospetti e dubbi tra pubblico e privato
Il racconto di una lettrice che va in ospedale e poi, dopo sette ore, rinuncia alla visita medica. Sovraccarico anche nei centri radiologici a pagamento
Casi di malasanità: i più gravi fanno notizia ed escono sui giornali… Ma ci sono anche situazioni meno eclatanti benché ingiuste e scoraggianti, per il cittadino, che a volte finisce per rinunciare alle cure: dal medico di base sistematicamente irreperibile grazie a un collaudato sistema di rimandi da un disco telefonico all’altro (inaccostabile anche quando sta in studio, poiché visita solo su prenotazione e max 10 minuti a paziente) alla routine di alcuni “Pronto soccorso”… Un esempio? Ancora una volta è un lettore, anzi, una lettrice, a raccontare a Napoli Oggi la sua avventura.
Sabato 9 marzo 2024 l’ultrasettantenne signora Tizia va al Pronto soccorso di uno dei più importanti ospedali del Sud con forti dolori alle costole, fastidi al cuore e difficoltà nella respirazione. Un paio di giorni prima era caduta e non si poteva escludere “che una costola incrinata le premesse sul polmone”: era stata la guardia medica, dove era passata in precedenza, ad insistere affinchè si recasse in ospedale “per fare almeno una radiografia ed un elettrocardiogramma”. Sono le ore 14,30. Al triage una “infermiera professionale” le misura la pressione ed il livello di ossigenazione; poi la classifica come codice verde e la manda in sala d’attesa. Nella sala ci sono meno di venti persone (considerando anche gli accompagnatori). Cominciano a trascorrere le ore… Intanto un tossico attraversa la stanza con in mano una siringa per recarsi nell’unico bagno della sala d’attesa (poco dopo uno dei dipendenti dirà “abbiamo fatto pulire subito” ed i vigilanti “mica possiamo fermare chi entra”).
Alla signora Tizia avevano detto che come codice verde era la numero tre, ma sembra che tanti altri abbiano la precedenza… Verso le 20 (trascorse quasi 6 ore), Tizia torna dalla infermiera del triage per cercare di capire. “Nel frattempo sono arrivati tanti codici rossi, arancioni e gialli che hanno la precedenza” risponde l’infermiera allo sportello. Se aspetto ancora, crede che prima o poi, a mezzanotte, all’una, riuscirò ad essere visitata?, domanda Tizia. “Questa certezza non gliela possiamo dare”, risponde l’infermiera, “potrebbero arrivare altri codici rossi…”.
Benchè dalla sala d’attesa non sia possibile rendersi conto di tutti i pazienti (si presume più gravi) che arrivano con il 118 o comunque trasportati in auto fino all’ingresso, la percezione dei presenti è che questo sabato non ne siano arrivati tanti… Tra questi, una signora molto ben truccata e sorridente (evidentemente fiduciosa di essere accolta subito per la visita).
Al cambio turno, verso le 20,30 la signora Tizia va di nuovo allo sportello e chiede che il proprio codice sia rivalutato. Niente da fare… Ormai Tizia è stanca, infreddolita. Ad una infermiera che è subentrata alla precedente, domanda che tempi sono previsti. “Impossibile fare una previsione”, risponde l’infermiera, “ma, se aspetta a oltranza”, aggiunge, “infine sarà visitata. Adesso ci sono più medici. Sono arrivati altri medici per la notte”. Però Tizia è stanca, sfinita (inoltre i familiari, ai quali non ha detto della caduta, non vedendola rientrare potrebbero preoccuparsi); trascorsa un’altra mezz’ora, torna dalla infermiera, le dice “me ne vado” e si allontana…
Ed ecco il quesito. La sua permanenza di circa sette ore nella sala d’attesa entrerà a far parte dei dati statistici annuali sul numero di accessi al pronto soccorso dell’ospedale, a dimostrazione del grande carico di lavoro nel settore di emergenza? O nei calcoli si tiene conto – come noi riteniamo – di coloro che per sfinimento rinunciano?
Dal pubblico al privato. Prima di allarmarsi, quel sabato, per l’acuirsi del malessere, Tizia già aveva tentato il giorno prima di fare una radiografia privatamente ma quel venerdì non c’erano spazi. Poi il sabato perduto tra guardia medica e pronto soccorso… Soltanto per il martedì successivo Tizia riuscirà ad ottenere un appuntamento per una RX a pagamento in un centro privato; vi si reca, fa la RX. Quando le portano il referto (criptico) chiede di parlare un attimo col radiologo di turno ma le viene risposto che non è possibile: “Il lavoro è tanto e se ciascun paziente volesse chiedere un chiarimento al radiologo si perderebbe troppo tempo”.
Dal pubblico al privato. Prima di allarmarsi, quel sabato, per l’acuirsi del malessere, Tizia già aveva tentato il giorno prima di fare una radiografia privatamente ma quel venerdì non c’erano spazi. Poi il sabato perduto tra guardia medica e pronto soccorso… Soltanto per il martedì successivo Tizia riuscirà ad ottenere un appuntamento per una RX a pagamento in un centro privato; vi si reca, fa la RX. Quando le portano il referto (criptico) chiede di parlare un attimo col radiologo di turno ma le viene risposto che non è possibile: “Il lavoro è tanto e se ciascun paziente volesse chiedere un chiarimento al radiologo si perderebbe troppo tempo”.
Share this content:
Commento all'articolo