Napoli brutto, sporco e cattivo

Conte sopra, l’Inter e Inzaghi sotto in buona compagnia. Il sorpasso dell’Inter è svanito forse dopo il gol di Mctominay o, forse, dopo che la Dea Eupalla ha fatto finire sul palo il rigore di Calhanoglu, ingiustamente fischiato da Mariani. Un pareggio che ha sorpreso perché ha capovolto un verdetto che alla vigilia sembrava colorato di neroazzurro. E così, dopo un terzo quasi di campionato non c’è una lepre in fuga, non c’è una formazione più forte e completa della altre, non ci sono giocatori leader. C’è il Napoli, una squadra forte e umile, non ancora del tutto di Conte ma che comunque ha acquisito la mentalità, la grinta del tecnico leccese: capacità di soffrire e lottare, voglia di vincere.
Nel calcio non si inventa più nulla, tutto si ricicla, anche inquietudini,domande, desideri e modi di essere e Antonio Conte più di altri allenatori ha un rapporto con il calcio ossessivo/ossessionante verso di sé molto più di allenatori come Inzaghi, Allegri Motta o Palladino. Molto simile a gente di campo come Bielsa o, dalle nostre parti, Gasperini, un duro, con il quale ha molto in comune nel veicolare il suo credo di tecnico. Quali sono gli obiettivi, che programmi ci sono per raggiungerli?
Domande che dopo poco danno fastidio ai dirigenti, non evidentemente a De Laurentiis che gli ha dato risposte a suon di acquisti milionari per tornare competitivo. Il primato dopo 12 giornate non basta al presidente, che non lo dice, anzi alza un muro d’acqua sul fuoco dei tifosi, e men che meno a Conte perché la sua vera unica ragione di vita professionale è vincere.
A Napoli è un plebiscito il Votantonio di Totò per una vittoria in un campionato incerto, strano come da anni non si registrava. Un torneo che rivede il Napoli primeggiare con un uomo solo al comando e un gruppo che lo segue ciecamente mentre il tifo lo adora certo di aver ritrovato il demiurgo.Ma questo è il ruolo, il destino di Conte, divisivo per gli avversari e spesso anche con i suoi dirigenti. Al Meazza ad un certo punto lo si è visto sbottare verso i suoi troppo preoccupati a difendersi: “ epperò giochiamo a calcio, però…c…o!”.
La squadra di Inzaghi giocava di più a calcio, forte di un centrocampo forte, a tratti anche con intensità, mentre la sua cercava di reggere l’ urto con un Buongiorno e Rrahamani imperiosi, delegando la finalizzazione ai suoi uomini di punta, i meno prolifici dopo 12 giornate dalla stagione 2011/12, la penultima di Mazzarri(17 gol fatti e 12 subiti).
Ma questo è il Napoli di Conte e dopo il doloroso 0-3 del Maradona contro l’ Atalanta, quando in molti si aspettavano il crollo in trasferta su un campo insidioso come il Meazza e contro i campioni d’Italia, si è scoperta una squadra che, al di là del risultato, molto importante non solo per la classifica, è apparsa solida, equilibrata, volitiva.
Quello che Conte vuole. Una squadra che si può reggere solo sulla sincronia, sulla partecipazione di tutti i componenti il gruppo. E a Milano si è visto nella attenzione massima di tutti, nella pressione anche alta per inibire la costruzione del gioco fin dall’inizio. C’è molto del Conte giocatore e allenatore della Juventus in questo Napoli: temperamento,attenzione,concretezza e improvvise sortite sovente letali per gli avversari.Come il guizzo di Mctominay dopo 26 minuti che ha gelato il Meazza. Un giocatore,lo scozzese, diventato fondamentale in poco tempo nella costruzione del gioco, nel finalizzare ma anche nel sacrificarsi in fase difensiva, come Politano, Kvara, Gilmour e pure il tanto criticato, per noi a torto,Lukaku.
Non sarà completo e forte come l’ Inter questo Napoli e neanche costruito per dominare col gioco come l’ Atalanta di Gasperini… Però è il Napoli di Conte, anche brutto,sporco e cattivo (in senso agonistico ndr) se occorre. Una squadra che ha ritrovato la passione dei tifosi che la incitano anche quando le partite sembrano impossibili.E pure dopo, come contro l’ Atalanta, quando finiscono con una sconfitta. È il nuovo Napoli, con la faccia di Conte, un uomo del Sud che si è imposto al Nord e ora vuole farlo per sé ma anche per la gente di Napoli. Provare a vincere, sempre, migliorarsi e diventare ogni stagione più forti e competitivi. È il piano di Conte manifestato a De Laurentiis e, per ora, sembra che il numero uno sia in perfetta simbiosi con il tecnico, anzi è stato lui a placare i tifosi dichiarando che nel primo anno di ricostruzione non è lo scudetto l’ obiettivo primario ma il ritorno in Europa. Conte non ha commentato ma è andato sul concreto pareggiando in casa dei Campioni. Eppoi essere primi, da soli, fa stare bene e soprattutto aiuta un progetto con…vincente, a essere realizzato quanto prima.

Share this content:

Commento all'articolo