Palazzo Reale di Napoli, Intesa Sanpaolo restaura il trono. Ma paga la manodopera di Torino…

Il trono del Palazzo Reale di Napoli sarà restaurato grazie al progetto “Restituzioni”, un programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio culturale italiano, promosso e curato da Intesa Sanpaolo. Un’iniziativa che, dal 1989, individua in tutta Italia, in collaborazione con il Ministero della Cultura, opere che necessitano di restauro, sostenendo gli interventi al fine di recuperare beni rappresentativi della varietà del patrimonio storico-artistico italiano, sia in termini cronologici sia in termini di materiali e tecniche. I lavori, però, saranno affidati alla Fondazione Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale” di Torino. Il prossimo giovedì 12 settembre, infatti, il trono sarà trasportato nel capoluogo piemontese, dove saranno restaurate sia la parte lignea sia la tappezzeria. E su questo punto la domanda sorge spontanea, come direbbe il napoletanissimo (nato a Procida) Antonio Lubrano: perché mandare a Torino il prezioso ed antico trono del Palazzo Reale di Napoli? Nel capoluogo campano ci sono così tanti maestri d’arte e del restauro che non si comprende bene come mai si sia deciso di pagare la manodopera di Torino per effettuare questo intervento.

Tra l’altro, realizzando il restauro a Napoli si sarebbero risparmiate le spese per il trasporto del trono ed i rischi ad esso connessi. E poco importa se questa è la prassi di Intesa Sanpaolo, ovvero prendere da Napoli e portare a Torino… La città partenopea ha già dato tanto al Piemonte che ha assorbito il Banco di Napoli, svuotato e mandato in fallimento dall’Unità d’Italia ai giorni nostri. Pure il Banco di Napoli è stato portato a Torino, venendo inglobato proprio nel gruppo Intesa Sanpaolo tra il 2002 e il 2006, anno in cui, di fatto, è scomparsa la più antica banca del mondo. La preziosa “poltrona”, di manifattura napoletana, fu realizzata intorno alla metà dell’Ottocento in legno intagliato e dorato con rivestimento in velluto color cremisi e un gallone metallico con frange di seta. Sui lati sono presenti due braccioli con teste leonine ma dopo l’Unità d’Italia fu aggiunto lo stemma sabaudo sul petto dell’aquila posta in cima allo schienale. Il trono è protetto da un baldacchino in velluto cremisi e galloni argentati, ornato con nastri intrecciati e si appoggia su un tappeto finemente decorato.

Il complesso restauro del trono di Palazzo Reale, che durerà quasi un anno, inizierà con la realizzazione di un piano diagnostico, supportato da indagini radiografiche e microscopiche, al quale seguiranno la disinfestazione della parte lignea, il consolidamento della struttura, la pulitura con integrazioni materiche e cromatiche, concludendo con lo smontaggio e trattamento dei tessuti e delle passamanerie. Nel frattempo, a Palazzo Reale, il trono sarà sostituito temporaneamente dalla seduta del ‘700 che appartenne ai Borboni e sarà installato nella sala un monitor per trasmettere video e clip che documenteranno il restauro e le attività in corso d’opera. Al termine del restauro, previsto alla fine dell’estate del 2025, il trono sarà esposto nella mostra temporanea dedicata al progetto “Restituzioni” e tornerà a Napoli nel mese di febbraio del 2026.

Commenta positivamente il restauro Mario Epifani, direttore del Palazzo Reale di Napoli, per il quale “il restauro delle decorazioni e degli arredi di Palazzo Reale è un’occasione per approfondire la conoscenza del palazzo e della sua storia”. “In particolare – spiega Epifani – la Sala del Trono è uno degli ambienti più rappresentativi della reggia, luogo cruciale per la trasmissione di simboli e messaggi politici delle diverse dinastie che si avvicendarono sul trono di Napoli. Dai documenti d’archivio e dalle foto storiche sappiamo che il trono borbonico, realizzato alla metà dell’Ottocento in occasione dell’ammodernamento del palazzo, si trovava ancora al tempo del Regno d’Italia al di sotto di un baldacchino oggi perduto, sostituito da un altro che intorno al 1930 era documentato nel palazzo del Quirinale a Roma. Grazie ad Intesa Sanpaolo – conclude Epifani – possiamo ora avviare il recupero della Sala del Trono, proseguendo il lavoro di restauro e revisione dell’allestimento dell’Appartamento di Etichetta in corso dal 2020, al fine di ricostruire per quanto possibile l’aspetto che Palazzo Reale aveva al tempo della monarchia”.

Michele Coppola, direttore Generale Gallerie d’Italia Intesa Sanpaolo, sottolinea che “fin dal 1989, grazie a Restituzioni, affianchiamo le istituzioni pubbliche italiane per proteggere e promuovere il patrimonio artistico nazionale”. Con la conclusione della ventesima edizione saranno ben oltre duemila le opere ad oggi tornate a nuova vita, e tra queste ci sarà appunto il sontuoso trono di Palazzo Reale. Con profonda convinzione ci dedichiamo nuovamente alla valorizzazione delle bellezze artistiche di Napoli, una città con la quale abbiamo costruito un legame forte e fertile, che ha il suo momento più alto nel ruolo e nelle attività delle nostre Gallerie d’Italia”.

Infine, Sara Abram, Segretario Generale del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale spiega che “il progetto del restauro è frutto di un lavoro congiunto con Palazzo Reale di cui siamo molto orgogliosi e che dal 2021 ha riguardato l’analisi dello stato di conservazione e dei rischi dei manufatti esposti nel percorso di visita”. “I restauratori e i diagnosti del Centro Conservazione e Restauro hanno affiancato i progetti di riordinamento del Palazzo Reale – aggiunge Abram – degli ultimi anni e al trono verrà riservato il protocollo di analisi e d’intervento già applicato su manufatti analoghi, come il trono del Palazzo del Quirinale, e provenienti da Residenze sabaude”.

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Alessandro Migliaccio Giornalista e scrittore, autore di numerose inchieste nazionali sulla camorra, sugli sprechi di denaro pubblico, sulla corruzione, sulle truffe e sui disservizi in Italia. Ha lavorato dal 2005 al 2020 per “Le Iene” (Mediaset), affermandosi con una serie di servizi che hanno fatto scalpore tra cui quelli sulla compravendita di loculi nei cimiteri, sulla cosiddetta "terra dei fuochi" e sulla pedofilia nella Chiesa. Ha lavorato anche per “Piazza pulita” (La7), Il Tempo, Adnkronos, E-Polis, Napolipiù, Roma, Il Giornale di Napoli e Il Giornale di Sicilia. Ha scritto tre libri di inchiesta (“Paradossopoli – Napoli e l’arte di evadere le regole”, ed. Vertigo 2010, “Che s’addà fa’ pe’ murì – Affari e speculazioni sui morti a Napoli”, ed. Vertigo 2011 e “La crisi fa 90”, ed. Vertigo 2012) e un libro di poesie (“Le vie della vita”, ed. Ferraro 1999). Ha ricevuto una targa dall'Unione Cronisti Italiani come riconoscimento per il suo impegno costante e coraggioso come giornalista di inchiesta. Ha ricevuto anche il Premio L'Arcobaleno napoletano dedicato alle eccellenze della città partenopea. È stato vittima di un'aggressione fisica da parte del comandante della Polizia Municipale di Napoli nel 2008 in seguito ad un suo articolo di inchiesta ed è riuscito a registrare con una microcamera nascosta l'accaduto e a denunciarlo alle autorità devolvendo poi in beneficenza all'ospedale pediatrico Santobono di Napoli la somma ricevuta come risarcimento del danno subito. Nel 2017 ha fondato e diretto per alcuni anni Vomero Magazine, nel 2019 ha fondato il quotidiano Napoli, di cui è stato direttore per 4 anni. Attualmente, oltre agli articoli per Napoli Oggi, lavora anche per Napoli Today dove pubblica inchieste e approfondimenti sulla città ed inoltre collabora con la trasmissione Striscia la Notizie oltre che con le riviste Oggi e Giallo.

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