Quelle regine che aiutarono il Regno del Sud a risplendere

Gigi Di Fiore appartiene a quell’ormai sempre più nutrito nugolo di scrittori che da qualche decennio hanno squarciato il velo di menzogna con il quale, per più di un secolo e mezzo, è stata travisata la ricostruzione storica dell’intero periodo borbonico e più in generale sulle vicende che portarono all’unità d’Italia.
Lo ha fatto, oltre che con l’aiuto delle sue doti di narratore, impreziosite dalla lunga pratica giornalistica (per molti anni cronista, articolista e inviato di “Il Mattino”), trasformandosi in “topo di biblioteca”, andando a scartabellare con inesauribile tenacia negli archivi più remoti e inaccessibili, dove nessuno (o magari solo qualcuno) prima di lui era arrivato.
Questo lavorio di decenni  ha prodotto volumi di grande successo, che hanno avuto, appunto, il pregio di collaborare ad un processo di revisione, inaugurato dal celebre “Terroni” di Pino Aprile, e oggi visto e giudicato come fumo negli occhi da tutti quei professoroni, storici di professione, che ci hanno turlupinato, ex cathedra, a partire dal 1861, con la storiella dei re Borbone semianalfabeti, despoti e tiranni, con le leggende, quasi delle barzellette, delle entusiasmanti vittorie delle tre guerre di Indipendenza (il Piemonte praticamente le ha perse tutte e tre), dei Mille che da soli avrebbero prevalso su quarantamila  incapaci di “Francischiello”, sulla “liberazione” del Regno delle due Sicilie, del brigantaggio fatto passare come un fenomeno provocato solo da un’accolita di delinquenti. Per non parlare dei colpevoli silenzi sul lager di Fenestrelle (oggi diventato ricercata meta turistica) e sugli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni.
Ebbene, Di Fiore, dopo i successi di “I vinti del Risorgimento”, “L’ultimo re di Napoli”, “Napoletanità”, “La nazione napoletana” e “Controstoria dell’unità d’Italia”, torna ora in libreria con “Le borboniche” (Utet editore), che apparentemente è una rassegna biografica sulle otto regine che si alternarono al fianco dei cinque sovrani della dinastia, ma che in realtà si trasforma in un’accurata rivisitazione di tutti i 130 anni di storia attraversati da Napoli e da tutto il Sud sotto la guida dei sovrani Borbone.
Anche in questa circostanza il lavoro di Di Fiore è frutto di una lunga e scrupolosa consultazione delle fonti, un marchio di fabbrica dell’autore, una consuetudine che sistematicamente finisce con l’imprimere ai suoi racconti il carattere dell’inoppugnabilità. A dispetto della storiografia ufficiale, che da sempre fornisce versioni di parte spacciandole per verità assolute. E che si tratti di un lavoro puntiglioso e dettagliato lo si arguisce anche dalla consultazione finale dell’Indice, dove troviamo un’Appendice di circa 50 pagine che comprende una accurata Bibliografia, l’elenco di tutti gli Archivi consultati, la filmografia, una serie impressionante di Note e l’indice dei nomi.
Dicevamo di un resoconto di 130 anni (ma anche di più, considerato che si spinge fino alla morte di Maria Sofia, negli anni ’20 del 1900) che si snoda con il tracciare “la psicologia, i sentimenti, le emozioni“ delle donne protagoniste, mogli a vario titolo dei sovrani, a partire da Maria Amalia di Sassonia, che fu la prima regina della serie come consorte dell’illuminato Carlo III.
Furono donne, com’è riportato nella seconda di copertina, “di varie e multiforme personalità”, e che “ebbero rilievo nelle trasformazioni del territorio e della società meridionale. Un ruolo troppo spesso trascurato”. Ovviamente lungo tutte le 450 pagine in cui si articola la ricostruzione non a tutte le otto regine è riservato lo stesso spazio. Domina, ad esempio, la biografia di Maria Carolina, moglie di Ferdinando I, austriaca di nascita ma “tedesca” nei comportamenti, regina forte e autoritaria, regista nemmeno tanto occulta della vita e degli intrighi di corte, in grado di orientare le decisioni del marito e testimone di tutte le vicende (rivolta del 1799, intermezzo di dominazione francese, primi moti liberali) che attraversarono il lunghissimo regno del figlio di Carlo III. Ampio spazio è pure dedicato a Maria Sofia, l’eroina dell’assedio di Gaeta, la regina che regnò un solo anno, ma che pur in quel ristretto lasso di tempo ebbe modo di entrare nel cuore dei napoletani per la sua semplicità, oltre che per la sua bellezza. Era allora una ragazzina di soli venti anni, ma il suo intrepido coraggio e la dignità con la quale affrontò i lunghi anni di esilio resero allora un grande servigio, l’ultimo, alla credibilità della dinastia.
Di Fiore tutto questo lo descrive con il rigore di chi narra la storia e vi aggiunge la leggerezza del suo stile scorrevole e dal ritmo incalzante, mai facendosi prendere la mano dalla retorica e men che mai dalla fantasia.

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