
ZES Unica, così si rilancia Napoli e il Sud
Duecento miliardi di euro fino al 2028 a disposizione delle imprese italiane, di cui 40 per le aziende del Mezzogiorno, con l’obiettivo di rilanciare lo sviluppo del sistema produttivo e cogliere le opportunità di transizione 5.0 e dell’intelligenza artificiale, integrando le risorse già stanziate dalla Banca per la realizzazione degli obiettivi del Pnrr. Sono i numeri dell’accordo quadriennale tra Confindustria e Intesa Sanpaolo per la crescita delle imprese italiane annunciato lo scorso gennaio dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, e da Carlo Messina, consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo. A Napoli, nella sede dell’Unione Industriali, il primo incontro di presentazione sul territorio dell’intesa, presenti lo stesso Orsini e Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo.
È toccato a loro evidenziare le peculiarità delle nuove misure messe in campo e confrontarsi con gli imprenditori del Sud Italia sulle strategie di sviluppo del territorio – uno dei filoni di lavoro congiunto dell’accordo – e sulle opportunità offerte dalla ZES-Zona Economica Speciale Unica del Mezzogiorno quale leva di stimolo per la crescita in termini di connettività e competitività del tessuto economico meridionale. A introdurre i lavori il presidente dell’Unione Industriali di Napoli Costanzo Iannotti Pecci. In sala, tra gli altri, l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato.
Nel corso del forum sono state presentate misure ad hoc per favorire il supporto a nuovi insediamenti produttivi, all’ampliamento e ammodernamento di quelli esistenti e agli investimenti nel settore energetico, sostenendo così l’attrattività dei territori italiani con posizione strategica per le rotte e gli interscambi internazionali.
Il protocollo nazionale consolida e rinnova la collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Confindustria avviata nel 2009 che, grazie a un volume di crediti erogati al sistema produttivo italiano pari a 450 miliardi di euro in 15 anni, ha contribuito a evolvere il rapporto tra banca e impresa accompagnando i bisogni delle pmi e delle industrie mature anche nelle fasi più complesse. Tale supporto è stato declinato in numerose iniziative congiunte che, anche attraverso le garanzie governative attivate nelle fasi critiche, hanno consentito di sostenere con nuovo credito decine di migliaia di imprese e prevalentemente pmi, struttura portante del made in Italy nel mondo. Le novità riguardano la crescita delle imprese del Sud attraverso la valorizzazione della ZES Unica del Mezzogiorno; gli investimenti in nuovi modelli produttivi evoluti ad alto potenziale con particolare attenzione ad aerospazio, robotica, intelligenza artificiale e scienze della vita; l’accelerazione della transizione sostenibile in linea con il Piano Transizione 5.0, dei processi innovativi ad alto contenuto tecnologico, dell’economia circolare verso un bilanciamento energetico ottimale tra fonti energetiche sostenibili; l’impatto in ricerca e innovazione, favorendo la nascita e lo sviluppo di startup e pmi ad alto contenuto tecnologico anche attraverso soluzioni finanziarie e servizi dedicati; piano per l’abitare sostenibile, per facilitare la mobilità e l’attrazione dei talenti nell’industria italiana.
Il ruolo strategico ricoperto dalle ZES nella crescita del Mezzogiorno («uno strumento eccezionale per il Paese, ma in particolare per il Sud») al centro dell’intervento del responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa San Paolo Stefano Barrese. «Possiamo ricondurre alla ZES – ha detto Barrese – uno dei motivi di successo della crescita in questi anni del Sud Italia. Il Sud è diventato la parte trainante della crescita del Paese, ha contribuito in misura più che proporzionale ai numeri che abbiamo avuto dalla pandemia in poi. In questo sicuramente le ZES e il Pnrr hanno contribuito, però è chiaro che c’è comunque uno spirito di fondo imprenditoriale forte e manifatturiero che sta dando al Sud Italia quella spinta che in passato non c’era». «Il Sud – ha sottolineato Barrese – non è più soltanto il turismo che continua a rappresentare un verticale importante per la crescita di quest’area del nostro Paese e in generale dell’Italia, ma sempre di più la manifattura rappresenta uno degli elementi cardine e sappiamo quanto questo è importante per la sostenibilità della crescita di un territorio e della sua occupazione». Quanto ai dazi Barrese invita alla prudenza: «Il loro impatto lo vedremo quando e se verranno messi. Per il momento bisogna guardare avanti. I dazi poi non è detto che siano trasversali, capiremo anche i settori sui quali verranno applicati e per cui per il momento è un elemento sul quale non andrei a focalizzarmi. In generale abbiamo fatto delle valutazioni per cui comunque l’impatto sulla crescita, se saranno nella misura del 10%, non dovrebbe essere più alto di qualche decimale».
«Il Mezzogiorno ha un forte potenziale, ma in parte inespresso». Parola di Natale Mazzuca, vice presidente di Confindustria per le Politiche strategiche per lo sviluppo del Mezzogiorno. «Il Sud – ha detto – è una piattaforma privilegiata per la posizione geografica al centro del Mediterraneo, crocevia strategico degli scambi commerciali con un ruolo chiave dei porti e delle infrastrutture di collegamento per il comparto energy. Bene gli ultimi anni, come evidenziato da alcune sezioni del check-up Mezzogiorno, per esempio l’ispessimento dell’apparato produttivo, misurato dall’incremento delle società di capitali (superano le 425mila unità, con una crescita in tutte le regioni meridionali) e la tenuta occupazionale (+2,2% nel 2024, con le donne al +3,3%), anche grazie all’apporto di Decontribuzione Sud (ruolo determinante dal 2020 in poi). Ma a fronte di fattori positivi, permangono criticità strutturali, tra cui: la dimensione d’impresa, ancora troppo sbilanciata sulla micro/piccola dimensione, con effetti negativi sull’ “ancoraggio” alle catene del valore globali; la “densità” produttiva, ancora troppo disomogenea e debole». «La base da cui partire per una strategia di rilancio – ha proseguito Mazzuca – sono i casi di eccellenza sul territorio che, però, sono distribuiti in modo non omogeneo e non sempre in grado di coagulare attorno a sé filiere strutturate». Per creare «ecosistemi competitivi d’impresa al Sud, la nostra visione è che vi siano alcune leve prioritarie da attivare: puntare sulle filiere produttive individuate nel Piano Strategico ZES Unica e promuovere il ruolo attrattivo e di insediamento delle grandi imprese. Per far questo, occorre puntare su investimenti in infrastrutture, immateriali e materiali, di straordinaria portata; individuare chiare priorità nell’ambito della logistica, a partire da quella portuale; lavorare a un piano straordinario per l’innalzamento delle competenze. Serve una “politica industriale” per il Mezzogiorno e sarà possibile sfruttando anche: i fondi Pnrr e le risorse della coesione ancora non spesi; tutti gli strumenti di incentivo a sostegno delle iniziative imprenditoriali del Mezzogiorno, a partire dal credito di imposta ZES che va reso strutturale in termini di dotazione e prospettiva pluriennale; la messa a disposizione di risorse dedicate da parte del sistema finanziario, pubblico e privato». (M.C.)
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